COXARTROSI, PERCHE'?

Osservazioni osteopatiche integrate

 

di MARCO DE MATTEIS,Osteopata  D.O.m.ROI

gennaio 2019

 

 

 

Ti capita più o meno spesso di avvertire dolore all’inguine, sul gluteo o sulla coscia? E magari anche mal di schiena? E degli scricchiolii nell’anca?
 

    Probabilmente si tratta di un problema articolare dell’anca. Si chiama coxartrosi ed è l’artrosi a livello dell’anca, ossia quell’articolazione tra la testa del femore, di forma sferica, e la cavità costituita dalle ossa del bacino. Dovendo garantire ampi movimenti dinamici ed allo stesso tempo assicurare una forte stabilità, l’anca è un’articolazione con una grande libertà di movimento stabilizzata da importanti legamenti, capsula, muscoli, lubrificata e ammortizzata dalla cartilagine e dal liquido sinoviale.

 

    Nel caso di coxartrosi si assiste ad una lenta e progressiva degenerazione della cartilagine articolare: di conseguenza aumenta la pressione e poi l’attrito tra i capi articolari e, successivamente, si formano gli osteofiti, delle escrescenze ossee finalizzate ad aumentare la superficie articolare. Ciò conduce, come risultato, ad una riduzione della mobilità articolare.

 

    In assenza di malattie reumatiche, importanti traumi fisici o anomalie e deformità osteo-articolari congenite, la causa della coxartrosi risiede in uno squilibrio tra le catene muscolari. È questo l’aspetto che solitamente la medicina allopatica ignora, da cui deriva il fallimento delle terapie mirate al sintomo. Inoltre, la scarsa consapevolezza e conoscenza delle cause portano chi ne soffre ad arrendersi al pessimismo e alla trascuratezza, e a lasciare che sia il tempo a decidere quando il problema sarà peggiorato fino alla necessità di intervento chirurgico di protesi d’anca. Purtroppo, come intuibile dal presupposto che non conoscendo la causa non si agisce su di essa, anche questo non sempre risolutivo.

 

    Stiamo quindi parlando di una patologia cronica che può essere prevenuta, riconosciuta per tempo e curata. Generalmente è causata da una iperprogrammazione della catena di chiusura dell’arto inferiore, continuazione della catena crociata anteriore del tronco. In termini più comprensibili si verifica una squilibrio muscolare a favore della muscolatura che dall’interno coscia va verso basso e fuori per incrociare la rotula e continuare con i peronieri fini al bordo esterno del piede, fascia plantare e alluce. Meccanicamente una situazione del genere crea un atteggiamento di chiusura dell’iliaco, adduzione del femore, rotazione interna del femore. A volte è associato valgismo del ginocchio e piede piatto con alluce valgo. La catena è influenzata anche dalla componente viscerale che può dare in un primo momento una postura in flessione che col tempo diviene in chiusura. Per cui la frequenza della coxartrosi è maggiore nelle donne per via della maggiore frequenza di problemi ad domino-pelvici, e negli anziani sportivi in quanto la forza muscolare a lungo andare crea compressioni articolari soprattutto sulle anche e le ginocchia.

 

    Dunque i sintomi possono essere dolore inguinale, dolore alla zona laterale dell’anca, al gluteo fino al ginocchio. In una fase iniziale i sintomi compaiono dopo ipersollecitazione; man mano che il problema peggiora compaiono anche a riposo o dopo essere stati a lungo seduti o al mattino appena alzati. Ci può essere limitazione dei movimenti articolari, sensazione o rumore di scricchiolio nell’anca, contrazioni muscolari su coscia, gluteo o schiena.

 

    In che maniera una visione globale, olistica ed integrata può intervenire sul problema? Innanzitutto cercando di capire, con test clinici articolari, muscolari, fasciali e posturali quali sono le strutture che prevalgono nell’insorgenza della patologia. Poi trattando queste strutture mediante tecniche di rilasciamento tissutale, fasciale, viscerale, miotendineo, tecniche di manipolazione articolare, o tecniche membranoso-liquidiane. Infine con un programma di esercizi di stretching attivo e passivo delle catene accorciate, una rieducazione propriocettiva e posturale e dei consigli di igiene comportamentale. Sicuramente senza mai avere la presunzione di poter essere capaci di ogni cosa e restando nell’umiltà di saper colloquiare con chi può essere parte integrante della presa in carico della persona, anche indirizzando la stessa verso un altro specialista qualora ce ne fosse bisogno.

 

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