IL SINTOMO: UNA LUCE SUL SENTIERO DELLA SALUTE

di De Matteis Marco, Osteopata DOmROI

novembre 2016

 

 

 

 

 

“…vide dapprima un leopardo delle nevi; lo mise in corrispondenza del proprio pavimento pelvico. Poi percepì un serpente all’interno della colonna vertebrale, quindi catturò l’immagine di un orso e la duplicò, così da avere una coppia di orsi nei piedi, poi mise due sùslik nelle ginocchia, un’aquila nella fronte, una libellula nella gola, una tigre nel punto mistico, una lince nel ventre, un lupo nel cuore, infine un delfino rosso di fiume sulla spalla sinistra […] “Ora cammina, sentendo che gli animali che hai nei piedi ti sorreggono e quelli che hai nelle ginocchia danno forza al tuo incedere. Senti che l’animale che è nella tua colonna vertebrale ti dona un’impeccabile centratura tra gli opposti, mantenendoti in perfetto equilibrio tra il regno dei vivi e quello dei morti, tra il senso di attrazione e repulsione, consentendoti di non avere paura. L’animale che è nel tuo pavimento pelvico trae forza dal mondo delle ombre, dal mare dei tuoi desideri inconsci e sommersi, mentre quello che è nel tuo ventre ti dona calma. L’animale che porti nel cuore ti permette di agire con le tue braccia e le tue mani – che sono le ali del cuore – non tanto allo scopo di afferrare le cose, bensì al fine di cambiarle. La bestia che è nella tua gola è capace di sviluppare calore psichico, calore interno, contrastando il freddo dell’ambiente in cui ti trovi, e può anche darti la parola giusta al momento giusto. Nella fronte hai l’animale che dona la visione sottile e vede il cammino. Nel punto mistico hai la bestia che può sbranare pensieri indesiderati, ansie, dubbi, insicurezze, ripensamenti che sorgono dalla tua mente: essa è il tuo spirito protettore! Sulla tua spalla sinistra, infine, hai l’animale che ti suggerisce l’umore giusto per quel momento, il sentimento che devi avere”…”

(tratto da Discorso alla luna, Selene Calloni Williams)

 

Arriva un momento in cui si è disposti a vedere il corpo al di là della sua struttura fisica, come l’insieme di idee, istinti, immagini che grazie alla percezione data dai sensi e alla coscienza che viene dalla ragione insieme all’interazione con i propri schemi antropologici e sociali, acquisisce la forma che vediamo allo specchio.

 

In questo livello percettivo il sintomo non è più uno stereotipo da etichettare in delle categorie diagnostiche, ma diventa un messaggio, un segnale, oserei definirlo una “luce sul sentiero della salute”, potendo persino suggerire delle possibilità di cambiamento e potendo anche costituire un vero e proprio insegnamento.

 

Ora, qui perde qualunque senso il voler curare un dolore o un qualsiasi altro disturbo mediante un intervento terapeutico mirato su un ginocchio, un’ernia del disco, un reflusso gastrico e via dicendo. Appare chiaro che un approccio specialistico distrettuale è fondamentale in un quadro patologico che mette a rischio la sopravvivenza. Ma non bisognerebbe mai dimenticare l’aspetto simbolico immaginale del sintomo che adesso non è considerato più un problema da affidare alle mani di un terapeuta che se ne occupi e cerchi di risolverlo. Anzi, la persona stessa diventa responsabile in prima persona di sé stesso.

 

Così al terapeuta spetta il compito di stabilire una relazione d’aiuto con la persona, non focalizzarsi esclusivamente sul problema ma agire principalmente con l’intento di ristabilire la salute (sebbene possa sembrare la stessa cosa si tratta di due concetti estremamente diversi per ciò che riguarda l’intenzione terapeutica) e diventa un punto di partenza, uno starter, uno stimolo ad avviare un processo di ricerca interiore. Infatti un tocco, un contatto verbale, uno sguardo, un tono di voce, una manipolazione di un’area strutturalmente e/o emozionalmente bloccata, un rilasciamento di tensioni fascio-legamentoso-muscolari, lo sbrigliamento di un’aderenza, una tecnica viscerale, sono tutti elementi facilitanti la presa di coscienza di sensazioni scarsamente, raramente o, addirittura, mai percepite e, dunque, possono affiorare delle emozioni, dei ricordi, dei pensieri. O semplicemente possono arrecare benessere per aver indotto un effetto di ripristino del movimento, del drenaggio vascolare e venoso ad una zona che era ipomobile, scarsamente vascolarizzata o congestionata.

 

Trattare il corpo nella globalità, considerandolo parte di una persona con un suo vissuto, un suo stato sociale, un suo bagaglio di esperienze e conoscenze, ma anche con una sua cultura, ideali, idee, aspirazioni è fondamentale per un percorso che guidi verso un concetto di ricerca di salute anziché di lotta alla malattia. Evitare la lotta vuol dire anche evitare il coinvolgimento di sentimenti negativi, mentre andare alla ricerca della salute vuol dire imparare a perdonare, accettare, accogliere, sapersi offrire. E soprattutto vuol dire impegnarsi ad essere in prima persona al centro del percorso terapeutico come primo e unico vero responsabile della propria realtà.

 

 

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