QUELLO CHE IL CORPO RACCONTA 

 

di MARCO DE MATTEIS, Osteopata D.O.

dicembre 2021

 

 

 

    Ilaria è una donna sulla cinquantina, moglie e madre di due figli, un ragazzo di 15 anni ed una ragazzina di 13. Lavora come segretaria nel milanese. Ora è in ferie, purtroppo godute solo in parte perché costretta al riposo da un attacco di coxalgia insorto sei mesi fa. Dagli accertamenti specialistici le è stata diagnosticata una modesta coxartrosi, subito trattata con un ciclo di tre infiltrazioni da cui la donna non ha ottenuto alcun beneficio. Dunque, al momento, l’indicazione del medico è la fisioterapia mediante stretching e trattamento manuale dei tessuti molli periarticolari.

 

    Incontro la signora quasi casualmente e cerco di rispondere alla sua esigenza di sollievo dal dolore almeno per i tre ulteriori giorni di permanenza nel nostro bel Salento.

 

    La ascolto, a livello verbale e soprattutto a livello tissutale. Riscontro una positività per un problema articolare dell’anca ma anche degli accorciamenti sui muscoli psoas, piriforme e gran dorsale dello stesso lato. Risulta particolarmente marcato lo stato di ipotonia della muscolatura addominale, molto probabilmente effetto delle pregresse gravidanze, mai preso in seria considerazione per un efficiente recupero. Certamente un ruolo importante, sia nell’ipotonia dell’addome che alla base della catena lesionale da cui deriva la sintomatologia, è svolto dalla cicatrice sovrapubica legata al taglio cesareo del secondo parto. Inoltre, la tensione del gran dorsale, insieme all’osservazione posturale della paziente, mi portano verso una spalla anteriore ed intraruotata, esito di una vecchia spalla congelata, risalente al periodo di accudimento dei figli nei primi anni di vita, con sintomatologia risolta nell’arco di quasi un anno e che ha lasciato i suoi segni nella limitazione dell’articolarità ai gradi estremi.

 

    Appare chiaro che, analizzato in un’ottica globale, il trattamento del sintomo trova un senso solo se inserito in un lavoro di armonizzazione globale delle lunghezze muscolari, di normalizzazione delle densità tissutali e del ripristino della fisiologica mobilità articolare laddove essa risulti ridotta o bloccata.

 

    Quello di Ilaria vuol essere un caso esemplificativo di un modello che vede il sintomo come motivo di consultazione ma alle spalle ha tutta una storia fatta di eventi e di tensioni che si traducono in riduzioni della micromobilità articolare, degli scivolamenti tra i piani tissutali, in accorciamenti legamentosi e muscolari. Il tutto si integra in un circuito a catena che in maniera molto creativa, originale e personale, trova sempre il miglior compenso al fine di mantenere una ottimale funzione cercando sempre di farlo nel confort, ossia in assenza di dolore. E il sistema potrà garantire questo solo a discapito dell’economia generale, ossia richiedendo un maggior dispendio energetico. Fino a quando i compensi saranno esauriti e, da qualche parte nel sistema, comparirà qualche sintomo.     

 

    Dunque il lavoro consiste nell’osservare l’insieme, curiosare, capire perché e come il sistema stia adottando determinate strategie, correggere, guidare senza mai perdere la visione d’insieme e soprattutto dosando ed adattando il lavoro momento per momento in base a come i nuovi equilibri trovano risposta in adattamenti sempre nuovi che gradualmente dovranno tendere verso la fisiologia di quell’individuo che sicuramente sarà diversa da quella di qualcun altro. 

 

    Così il primo incontro terapeutico diventa una porta d’ingresso verso un sistema complesso che, in maniera strategica e creativa, racconta la sua storia attraverso i tessuti. Il lavoro sarà un percorso guidato dal tessuto stesso verso la guarigione intesa come equilibrio e adattamento ottimale alle variazioni dell’ambiente, sia interno che esterno all’organismo. 

    

 

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